Fave e piselli per i legumi freschi; fagioli e lenticchie tra i legumi secchi; verdure fresche di stagione come bietola, indivia, lattuga, borragine, cicoria e spinaci; carne di manzo macinata, pasta mista di grano duro; ed erbe aromatiche. Sono i principali ingredienti di questo piatto, che per tradizione si prepara nella città di Teramo il I maggio, stabiliti da un disciplinare sottoscritto dal neo costituito Comitato “Le Virtù teramane”.
Dodici esperti del settore hanno stilato un rigido elenco di ingredienti e di modalità di ricerca e preparazione.
Il comitato è formato da antropologi, ricercatori storici ed esperti della cucina antica teramana (Alessandra Gasparroni, Daniela Di Ferdinando e Rosita Di Antonio) e capisaldi della ristorazione tradizionale (lo stesso Marcello Schillaci ed Elio e Paolo Pompa), così come rappresentanti della Camera di Commercio (Alfiero Barnabei) e dell’A.r.s.s.a. (Marco Cipolletti e Gabriele Costantini) di Teramo, della stampa (Roberto Pelillo), e degli organi di controllo (il difensore civico regionale Giuliano Grossi e il dirigente del Servizio igiene degli Alimenti e della nutrizione della Asl di Teramo Tommaso Migale).
«Dopo varie ricerche, sia personali sia del Comitato – racconta Marcello Schillaci, già presidente dell’Associazione Ristoratori Teramani dentro le mura (Art) e promotore del Comitato – abbiamo stabilito che l’origine di questa ricetta non solo è strettamente teramana, ma addirittura cittadina, per via della diffusione a Teramo degli orti di famiglia. L’unica pasta un po’ diversa dalle altre era quella verde, perché impastata con gli spinaci. Tortellini ed agnolotti, oggi usati in alcune “varianti sul tema”, non hanno a che vedere con il piatto originale, e tantomeno il parmigiano».
Alla luce di studi più accurati e di esame di altre fonti, il comitato ha inoltre confermato che nell’antica Roma, proprio il 1° maggio, i Romani usavano consumare le loro “Virtutes”.
(Ufficio stampa Comitato Le Virtù Teramane)