Dice il proverbio: "Anno nuovo, vita nuova". E aggiunge: "Quel che fai a Capodanno lo fai tutto l'anno". Un proverbio che ha radici antiche come l'usanza delle mamme abruzzesi che la mattina del primo gennaio svegliavano le figlie cantando: "Fruste sfruste da lu lette, lande lu vizie vecchie e pije lu nove", affinché dimenticassero le cattive abitudini e si comportassero meglio.
Mamme che spesso, per assicurarsi un'annata migliore di quella appena finita, la mattina di Capodanno si impegnavano in nove faccende di casa. Un rituale molto diffuso secondo cui il primo dell'anno bisogna cominciare nove opere diverse o di diversa importanza.
Un tempo, la mattina del primo gennaio non era difficile incontrare gruppi di ragazzi che andavano di casa in casa intonando la "Matinata", canti augurali in cambio dei quali ricevevano in dono frutta secca e dolciumi.
Di casa in casa andava anche chi portava "l'acqua nuova", appena attinta dal pozzo, in cui galleggiava un ramoscello d'ulivo, auspicio di pace per l'anno appena iniziato.
Un'usanza che doveva rispettare soprattutto la promessa sposa che il primo gennaio bussava alla porta della futura suocera e, fermandosi sulla porta per non incontrare il fidanzato, le consegnava una conca d'acqua nuova, segno che sarebbe diventata una nuora servizievole e una moglie paziente.
Infine, secondo un'altra tradizione popolare, colei che attingeva l'acqua al pozzo o alla fonte prima di tutte le altre avrebbe potuto trovarvi addirittura l'anello della Madonna.